L’effetto degli estremismi violenti

Estremismi, proviamo a dare un quadro generale che spieghi i meccanismi sociali e psicologici che vi sono alle spalle.

Joost A. M. Meerloo nel suo libro “The Rape of the Mind”, racconta come durante la la Seconda Guerra Mondiale si rese conto di una cosa sconcertante. Si rese conto che la volontà dell’uomo poteva essere spezzata, distruggendo più delle ferite fisiche.

I regimi totalitari hanno mostrato nella storia un livello sì alto di coercizione, violenza e distruzione che hanno lasciato infiniti segni nella storia e in ognuno di noi.

E allora perchè ci sono ancora estremismi?

Cosa porta le persone ad affiliarsi a sistemi totalitari che esercitaziono comportamenti estremi e violenti?

Purtroppo, per quanto ci sembri lontano nello spazio e nel tempo, non lo è. E’ anzi un argomento estremamente attuale e che vediamo tutti i giorni a Kabul ad esempio.

Inoltre, nella nostra società, dove tutto viene messo oline e diventa spettacolo di massa, tutte le torture e la brutalità delle sevizie perpetrate da questi estremismi è immediatamente sotto gli occhi del mondo.

Partiamo definendo cosa intendiamo con estremismo violento e processo di radicalizzazione.

Con radicalizzazione intendiamo un gruppo di persone che adotta un’ideologia radicale religiosa, politica o sociale (Kruglanski, Fernandez, Factor, 2018)

Un’ideologia estrema, per l’appunto.

Con estremismo intendiamo una condotta che viola volontariamente le norme che verrebbero normalmente utiilizzate in una data situazione. Anoressici e anoressiche, ad esempio, hanno una condotta alimentare che definiremmo estrema in quanto a privazioni e che ben poche altre persone vorrebbero avere.

Gli sportivi che mettono a repentaglio la propria salute per degli sport ad alto richio hanno una condotta estrema.

Insomma, ciò che accumuna le condotte estreme è mettere a rementaglio la propria salute e, a volte, anche la vita stessa.

Quindi, a livello psicologico, vanno a distanziarsi dall’area di moderazione.

La moderazione è quell’area di omeostasi dove c’è un equilibrio tra i bisogni di base e le esigenze psicogene.

Nonostante l’estremismo sia un continuum di differenti gradazioni si definisce tale comunque in quanto distante da un punto mediano. Il problema è la permeabilità di determinate condotte violente e lesive in alcune società.

Sono tristemente ben noti a tutti gli effetti dell’estremismo violento, sin dal momento in cui arrivò sotto gli occhi di tutti con l’11 Settembre, ad oggi.

La domanda è che cosa porta le masse a comportarsi come tutto l’estremismo attuale che incute così tanta paura?

Ci sono varie teorie psicologiche che portano delle risposte e dei modelli che, in parte, spiegano i meccanismi sottostanti gli estremismi violenti.

Una delle risposte è che le persone cercano un significato che li renda reali e riconoscibili agli occhi degli altri e della propria società.

L’attivazione di questo bisogno sopprime tutte le altre necessità. La ricerca della propria narrativa, della propria storia, è anch’esso un bisogno fondamentale per raggiungere il proprio benessere (Maslow, 1943).

Si può ritrovare questa necessità sottostante alla maggior parte degli studi sulla violenza e gli estremismi, sia che sia motivato dal guadagno o dalla vendetta.

Arrivare al significato della propria vita non contempla necessariamente violenza. CIò nonostante quando vi è un conflitto, la violenza è un modo efficace per ottenere l’approvazione degli altri e, perchè no, poter essere mitizzato e venerato come un martire Krugranski, et al, 2018).

La guerra e i conflitti aumentano il legame tra la ricerca del significato di sè stessi e la violenza verso il gruppo nemico.

Studi effettuati nella popolazione violenta in America hanno dimostrato che sono maggiormente inclini ad atti violenti persone che hanno impoverimenti nel significato di sè stessi. Studi sugli attacchi suicida e le motivazioni che spingono le persone a radicalizzarzi in estremismi come i movimenti radicali Islamici, vendono la stessa motivazione sottostante (Lyons, Gelfand, Mirahmadi, Farooq, & van Egmond, 2015; Kruglanski, Belanger & Gunaratna, 2018)

Alcuni studi hanno spiegato parte dell’integralismo e degli estremismi violenti tramite l’uso della coercizione.

La coercizione e le punizioni violente non spiegano però il fatto che certi esdtremismi trascinino masse di guerriglieri pronti a dare la vita e a usare violenza brutale su tutto ciò che incontrano.

Uno schema cognitivo che possiamo portare ad esempio qui è quello avanzato da Kruglanski,  Fernandez e Factor (2018).

Lo schema cognitivo vuole spiegare attentamente come si sviluppi cognitivamente l’affiliazione e l’allineamento ai regimi violenti, sanguinari e intolleranti.

Ipotizzano un processo a 4 step nel raggiungimento dell’estremismo violento:

  1.  Acquisizione della conoscenza (apprendimento):
    in questa fase si
    assimilano i concetti di significato di sé assieme alla violenza.
    Nace da un ragionamento del tipo “se…allora”, perciò se sono violento sarò venerato dagli altri.
    Questa conoscenza di base può non essere conscia, perciò le persone piuttosto che attribuire le porprie scelte alla ricerca del significato personale la attribuiscono a significati religiosi, etici e sociali.
    Ne sono un esempio interviste svolte su Tedeschi Neo Nazisti che all’80% riportano l’ideologia nazista quando gli si domanda che cosa li spinga.
  2. Attivazione della conoscenza.
    Questa è la fase cruciale, quella della radicalizzazione.
    Ciò rende una conoscenza radicata e accessibile tramite determinati stimoli.

  3. Goal. Il raggiungimento dei propri obiettivi di significazione attraverso tutto ciò che si è imparato, le regole e la rete sociale che lo supporta. In questo senso spesso la porpaganda ha la chiave di attivazione dei bisogni di significazione di un popolo, come i Musulmani, i Palestinesi, ecc)

  4. Attivazione di significato. Più l’obiettivo è legato allo scopo più si attiverà (goal system theory). La violenza diventa l’unico modo per esprimersi e raggiungere i propri obiettivi personali.

Tutti sappiamo bene che l’attenzione è un sistema limitato. Ovvero si può porre attenzione solo su un tot di determinate cose per volta, le altre rientreranno in un sottofondo indistinto. Lo stesso vale per il sistema cognitivo sino a qui spiegato dell’estremismo.

Infatti l’attenzione negli estremismi violenti è limitata ai segnali che violano le norme ristrette dei gruppi di estremisti.

Inoltre si è visto, in determinate interviste e con eserimenti svolti su estremisti di vari paesi, che la loro attenzione è estremamente canalizzata. Sono in grado di escludere le sensazioni tattili, gli stimoli visivi e olfattivi per rimanere concentrati sul loro singolo obiettivo. Quello della propaganda, quello che gli permetterà di essere accettati e venerati dagli altri e di dare un senso alle proprie vite.

Quale potrebbe essere il “trigger” che fa partire la vena estremista?

Alcuni studi ci mostrano come la percezione di un’ingiustizia sociale o economica sia sufficiente a instillare la protesta anche in persone che non si sentono direttamente coinvolte dall’ingiustizia.

Il tema dell’estremismo violento, dei totalitarismi e degli attacchi terroristici è un argomento caldo, soprattutto ai giorni nostri.

E’ un tema dibattuto e di difficile comprensione che vede differenti punti di vista intrecciarsi per una spiegazione che, per quanto completa, non sembra esaustiva.

L’inclinazione umana per la violenza, essendo la morte uno dei messaggi più forti assieme al sesso, trova uno sfogo a macchia d’inchiostro (Gòmez, et al, 2016).

Questo non accade solo in alcune società che accumulano tutta una serie di fattori di rischio abbastanza chiari: lungo tempo sotto un dominio estero, disequilibrio economico e di benessere rispetto ai paesi occidentali, diseguaglianze, violenze, mancanza di istruzione, mancanza dei beni di base (Staub, 2003)

Quello che si tenta di fare è un sincretismo tra i movimenti delle masse totalitarie e le motivazioni della singola persona a dare la vita per un ideale che comporta repressione e violenze.
In uno studio sugli estremismi e la radicalizzazione del 2020 Beelmann troviamo un punto di vista differente.

Questo studio riporta, infatti, dei fattori individuali che vanno a comporre, appunto, il prendere parte a movimenti estremamente violenti.

Inserisce tre tasselli fondamentali che sono:

    • Ontological Developmental Process:
      caratterizzati da un equilibrio tra i fattori precipitanti e quelli protettivi.
      Alcuni di questi fattori precipitanti sono: fattori sociali (conflitti, mancanza di valori positivi condivisi, discriminazione, gruppi violenti, ecc) e individuali (problemi socio-cognitivi, sviluppo antisociale precoce, problemi della personalità). All’interno di questa categoria rientrano anche i fattori protettivi, quali: intelligenza emotiva, emotività e relazioni emotive stabili, attitudine positiva nei confronti della società, ecc);
    • Proximal radicalization process:
      il nodo esatto in qui avviene l’estremismo religioso o politico. ci sono al suo interno 4 processi di radicalizzazione altamente interconnessi:
      1. Problemi di identità
      2. Ideologie politiche e religiose
      3. Pregiudizio
      4. Comportamento e attitudini antisociali.
    • Political o religious extremism:
      ovvero l’aderire a un tipo di estremismo.

Unendo le informazioni in nostro possesso possiamo provare a strutturare dei processi di prevenzione di questo genere di eventi, seppur molto difficoltosamente. L’intrecciarsi di sintomi sociali, psicologici ed economici è un nodo arduo da sciogliere. Se inseriamo anche le psicopatologie dello sviluppo e l’assenza di fattori protettivi abbiamo un quadro ancor più complesso.

Ci sono anche situazioni in cui una semplice applicazione preventiva ha avuto grande successo.

Non bisogna però illudersi di avere a che fare con quelcosa di semplice, che possa essere risolto in modo facile e veloce.

Ci sono strati di popolazione vessati, generazioni di bambini cresciuti nella violenza e nella guerra, popolazioni umiliate nel loro orgoglio.

Bisogna dare all’argomento l’importanza che ha a stilare delle procedure molto attende di prevenzione e risoluzione che tengano sempre in considerazione il fatto che questo genere di fenomeni sono molto complessi e non basteranno missili e bombe per metterli a tacere sotto le macerie.

Bibliography:

  • Beelmann, A. (2020). A social-developmental model of radicalization: a systematic integration of existing theories and empirical research. International Journal of Conflict and Violence (IJCV), 14, 1-14.
  • Gómez, J. M., Verdú, M., González-Megías, A., & Méndez, M. (2016). The phylogenetic roots of human lethal violence. Nature, 538(7624), 233-237.
  • Kruglanski, A. W., Jasko, K., Chernikova, M., Dugas, M., & Webber, D. (2018). To the fringe and back: Violent extremism and the psychology of deviance. In The motivated mind (pp. 344-366). Routledge.
  • Kruglanski, A. W., Webber, D., & Koehler, D. (2019). The radical’s journey: How German neo-Nazis voyaged to the edge and back. Oxford University Press, USA.
  • Lyons-Padilla, S., Gelfand, M. J., Mirahmadi, H., Farooq, M., & Van Egmond, M. (2015). Belonging nowhere: Marginalization & radicalization risk among Muslim immigrants. Behavioral Science & Policy, 1(2), 1-12.
  • Meerloo, J. A. M., & Meerloo, J. A. (1956). The rape of the mind: The psychology of thought control, menticide, and brainwashing (Vol. 118). World Publishing Company.
  • Meyers, D. C., Durlak, J. A., & Wandersman, A. (2012). The quality implementation framework: a synthesis of critical steps in the implementation process. American journal of community psychology, 50(3-4), 462-480.
  • Staub, E. (2003). Notes on cultures of violence, cultures of caring and peace, and the fulfillment of basic human needs. Political psychology, 24(1), 1-21.
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